Meditiamo sulla Parola – V Domenica di Quaresima

Da sempre noi creature facciamo l’esperienza del male, del limite.

Prima o poi questo problema lo si incontra e, agli interrogativi che nascono, occorre tentare di dare una risposta.

Di fronte al dolore, sempre di più si è costretti al silenzio.

Viviamo un atteggiamento nichilista, siamo interessati al nulla. In questo spazio si diffondono nevrosi collettive che generano violenza. Per coloro che credono in Dio questo è il problema più grande.

Il credente confida nella possibilità di confessare Dio di fronte al dolore, al male del mondo.

Nel secolo scorso tutte le chiese cristiane testimoniano un Dio giudice, vendicatore e castigatore del peccato. Un Dio così poteva solo essere rifiutato.

Si edificano grandi cattedrali, orgogliose basiliche che poi restano vuote.

Charles De Foucault riascolta il vangelo e fa del deserto la grande cattedrale.

In questo momento delicato si distingue una piccola grande donna: Teresina di Lisieux che sceglie di sedersi alla tavola dei peccatori.

È l’agire contrario al Dio castigatore.

Silvano dell’Atos sente rivolta a sé la domanda di Cristo: “Tieni il tuo spirito agli inferi e non disperare”.

L’azione di Dio si esprime attraverso creature che sono limitate ed imperfette. Nel mondo non c’è solo il bene ma anche situazioni imprevedibili.

La natura offre ampi spazi di intervento che consentono un continuo miglioramento. È necessario avere rispetto per il creato perché non tutto è in funzione dell’essere umano.

Spesso ci poniamo la domanda: Se Dio è onnipotente perché il male?

Nel passato si afferma che la creazione è perfetta fin dall’inizio e il male, invece, è frutto di una scelta successiva compiuta dall’uomo. Questa interpretazione si diffonde nella tradizione cristiana con la figura del peccato originale. Senza peccato non c’è né incarnazione né redenzione.

Oggi occorre una prospettiva nuova.

Certo il bene progredisce, basta pensare alle scoperte in campo medico. Ma cresce anche il rifiuto del bene.

Le ricchezze hanno un valore se le usiamo come servo e non come padrone o per la produzione delle armi.

Per questa incapacità di eliminare il male, poniamo la vittoria su di esso alla fine.

Ogni giorno ci è chiesto un passo ulteriore perché non abbiamo fatto ancora abbastanza.

Le nostre scelte risultano sempre inquinate e, di conseguenza, inadeguate. Ci preoccupiamo di tante cose, ma l’unica cosa necessaria è riuscire ad amare sempre.

Non è raro che il nostro sia un parlare tra sordi senza comprenderci. Occorre saper portare i limiti della nostra condizione e valorizzarli per dare il proprio apporto al cammino dell’umanità. Altrimenti viviamo in combattimento perpetuo, senza una vera sintonia con gli altri.

Non dobbiamo immaginare di dover recuperare una condizione perfetta. Dobbiamo acquisire qualità nuove. Occorre educarsi al confronto con gli altri in modo positivo, godere del bene altrui senza esercitare gelosie.

Sarebbe insensato non permettere agli altri di esprimere e comunicare quanto li caratterizza.

Questo atteggiamento è importante per vivere bene.

Che significa valorizzare i limiti?

Un racconto tradizionale ci aiuta a comprendere meglio. “Una donna va ogni giorno alla fontana a prendere l’acqua con due vasi: uno integro e l’altro con una piccola crepa.

Durante il cammino quello con la crepa perde molta acqua e arriva a casa pieno solo a metà.

A un certo punto questo vaso comincia a dire: “Vedi, io sono dispiaciuto perché non riesco a portare tutta l’acqua”.

E la donna risponde: “Non ti preoccupare: non ti sei accorto che lungo il cammino, dalla tua parte, adesso fioriscono dei fiori che io ho seminato nel frattempo e che tu stai innaffiando ogni giorno? Così io li raccolgo, li porto sulla tavola e c’è un conforto per tutti. Ecco, questo è il tuo compito”.

Ciascuno ha delle crepe nella propria esistenza e non ha senso recriminare su questo.

Il senso è riconoscerle e valorizzarle.

Allora le relazioni vengono vissute in modo nuovo: non con dispetto, non con gelosia per le qualità degli altri ma dando il nostro contributo anche attraverso le nostre imperfezioni.

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