
Meditiamo sulla Parola – XXIII domenica tempo ordinario anno C
A dieci anni dalla morte, vogliamo far memoria di un testimone, di un gigante della fede nostro contemporaneo: Carlo Maria Martini.
Nasce a Torino nel 1927. A 17 anni entra nella Compagnia di Gesù e diventa Gesuita. Il 1979, Giovanni Paolo II lo nomina Arcivescovo di Milano.
Milano è una città complessa, svuotata nell’anima, prostrata dagli anni di piombo e dalla grande crisi economica. È una comunità grigia, ripiegata su sé stessa ma l’arcivescovo sa ricucire i legami di una comunità interrotti dalla paura e dalla sfiducia. Tutto è finalizzato a una risurrezione civile: far convivere nella gioia etnie, lingue, religioni e talenti.
Per molti anni è Presidente autorevole delle Conferenze Episcopali Europee, un compito particolarmente delicato.
Come prima cosa vuole recuperare innanzitutto la dimensione contemplativa e di conseguenza la dimensione comunitaria. Per questo motivo evita discorsi astratti. Farsi prossimo richiede una conversione interiore. Accetta il mistero dell’altro che sovente si presenta a noi come enigma e mistero. La sua grande timidezza lo porta all’essenziale. La benevolenza che lo caratterizza non gli impedisce di essere esigente, rigoroso e austero.
Il rinnovamento e la formazione devono essere permanenti. Nel suo lavoro, dominante è la sperimentazione, il discernimento. Tutto va fatto con correzione fraterna.
La comunità cristiana è alternativa solo se fondata sul Vangelo.
Tra le tante iniziative sono particolarmente note ed efficaci la scuola della Parola e la Cattedra dei non credenti.
Non va alla ricerca dell’applauso e con onestà intellettuale si confronta con le opposizioni e le contrapposizioni. Non vuole insegnare ma imparare.
Non legge le Scritture, ma le abita. La Parola ascoltata, studiata, pregata, ruminata è la stella polare del suo magistero, ne determina lo stile. Non considera le Sacre Scritture come un libro datato ma le ritiene all’altezza delle sfide presenti.
Mai si sovrappone alla coscienza degli altri. Parla con semplicità, e non con pressapochismo. Con una bravura unica riesce a far dialogare la Parola con le parole. Diventa punto di riferimento: gli stessi brigatisti gli affidano le loro armi come segno del cambiamento.
L’Uomo può dirsi senza Dio, può sentirsi ateo ma Dio non sa stare senza l’uomo.La chiesa deve essere fermento. Per lui è poco importante la categoria credente e non credente; sente più la categoria pensante o non pensante.
Papa Francesco parla di Martini come di un Padre della Chiesa contemporaneo capace di coniugare silenzio e parola, rispetto e prudenza.
Con sguardo profetico anticipa i problemi connessi all’immigrazione, in particolare tiene a cuore il dialogo con l’Islam. Una sana formazione ecumenica non si interessa solo della dimensione italiana ma si allarga a quella europea, a una dimensione mondiale, cosmica. Quando la Chiesa si dice cattolica (cattolico = universale) confessa in verità che ha bisogno degli altri e della loro ricerca. Definisce l’ecumenismo come comunione nella differenza.
Commentando il capitolo 8 della Lettera ai Romani confessa: dopo decenni di studio questo testo rimane un mistero. La sua è una sapienza che sa dire: non so! È la sapienza fondata sull’umiltà.
Il vescovo Carlo Maria ha dettato un impressionante numero di esercizi spirituali. Costante però rimane l’invito all’attesa, alla lotta, alla pazienza e alla fedeltà. Si, a volte i tempi sono cattivi, i giorni sono notte, ma il tempo non è mai una prigione: è sempre aperto al futuro cui Dio ci chiama.