Meditiamo sulla Parola – IV Domenica di Avvento anno A

Continuiamo il nostro cammino di riflessione su Giuseppe sposo di Maria.

I Vangeli non riportano nessuna sua parola. Ciò non perché taciturno o muto. È qualcosa di più profondo. Dice S. Agostino a proposito: “Nella misura in cui cresce in noi la Parola, diminuiscono le parole”. Se la vita spirituale cresce, inevitabilmente diminuiscono le parole. Oggi questo è difficile da capire perché siamo malati di protagonismo. Schiacciamo tutti e tutto pur di emergere. Viene spontaneo “Padre perdona noi che non sappiamo quello che diciamo”.

Quello di Giuseppe è un silenzio ascoltante, un silenzio operoso frutto di una grande interiorità. San Giovanni della Croce: afferma “La parola esige silenzio, ma un silenzio che scaturisce dall’anima”.

La casa di Nazareth, con l’esempio quotidiano di Maria e di Giuseppe, è la scuola frequentata da Gesù.

Il Maestro esorta i discepoli: «Venite in disparte, in un luogo solitario, riposatevi un po’».

In un momento caratterizzato da un dinamismo eccessivo, è necessario recuperare la dimensione contemplativa della vita. Il contemplativo non è una persona disincarnata ma è colui che vive con attenzione la realtà. Non chiude gli occhi ma li spalanca. Osa la traversata, prende decisioni che spingono oltre.

La mancanza di contemplazione rende malato il nostro linguaggio che diventa impacciato e a volte persino offensivo. Noi non sappiamo sopportare il silenzio. Pascal: «Tutta la infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: non saperci ritirare tranquilli in una camera».

Si tratta di lasciare la superficie per entrare dentro di noi, nella nostra parte più vera. Bisogna ammettere: dentro di noi non c’è solo la voce di Dio, questa molto spesso si confonde con altre voci espressione di mille preoccupazioni.

Le nostre parole vanno ben vagliate perché facilmente possono diventare adulazione, maldicenza, calunnia. Anziché ponti edificano muri. Secondo i testi sacri chi parla male, chi calunnia il prossimo è omicida. Il Siracide afferma: «Uccide più la lingua che la spada». Proverbi: «Morte e vita sono in potere della lingua, chi ne fa buon uso mangia frutti buoni». San Giacomo nella sua lettera descrive il potere positivo e il potere negativo della parola: «Se un uomo non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto. La lingua è un piccolo membro capace di fare grandi cose». Dalla bocca può uscire di tutto. Con essa benediciamo Dio, con essa malediciamo gli uomini che sono fatti a immagine e somiglianza di Dio.

Nella Bibbia, come nelle culture dei popoli antichi, i sogni erano considerati un mezzo attraverso cui Dio si rivela. Il sogno simboleggia quello spazio interiore che ognuno è chiamato a coltivare. I vangeli riportano quattro sogni che hanno Giuseppe come protagonista.

Primo sogno: l’angelo aiuta Giuseppe che viene a conoscenza della gravidanza di Maria: «Non temere, quel che è generato in lei viene dalla Spirito santo». La riposta è immediata: «Si desta dal sonno e fa come gli ordina l’angelo». La vita ci mette davanti a situazioni che non comprendiamo e sembrano senza soluzione. Come cristiani dobbiamo essere convinti che il Signore non permette mai un problema senza darci l’aiuto per affrontarlo.

Il secondo sogno si verifica quando la vita del bambino è in pericolo: «Prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto». Giuseppe, ancora una volta, senza esitazione obbedisce. Nella vita tutti facciamo esperienza di pericoli. In queste situazioni occorre “stare” per poter far nascere in noi lo stesso coraggio di Giuseppe.

Nel terzo sogno l’angelo ordina di ritornare in patria. Puntualmente Giuseppe si alza e con i suoi entra nella terra d’Israele.

Nel quarto sogno: «Avvertito si ritira nella regione della Galilea e va ad abitare in una città chiamata Nazareth».

* * *

Con la nostra riflessione nel tempo di Avvento abbiamo voluto senza alcuna pretesa aprire una finestra per fare entrare una luce nuova. Abbiamo parlato del padre di Gesù non per sentito dire. Giuseppe non è una figura eterea ma concreta. È uno di noi. Come noi, anche lui è continuamente spiazzato da una realtà che segue altre strade. Diversamente da noi il padre di Gesù è disposto a lasciarsi guidare. Custodisce con umiltà ciò che la vita gli consegna. Parla a tutti ma in maniera particolare ai padri oggi in grande difficoltà. Interessante a questo proposito la lettera apostolica di papa Francesco che porta il titolo “Con cuore di padre”.

Giuseppe siamo noi, il suo cammino è il nostro cammino, i suoi sogni sono i nostri sogni.

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