Meditiamo sulla Parola – III domenica del tempo ordinario anno A

Da domenica scorsa e per altre domeniche la seconda lettura è tratta dalla prima lettera di Paolo ai Corinzi.

Corinto è collocata sull’istmo che unisce l’Acaia con la Grecia. Al tempo di Paolo è una delle città più importanti dell’Impero Romano (600.000 abitanti circa). Le attività che si svolgono in essa sono tante. Due terzi della popolazione sono schiavi (alla fine del cap. 1 “Non ci sono molti nobili, non ci sono molti sapienti”). È dotata di due porti. La sua buona economia attrae gente di tutti i tipi. C’è una comunità ebraica di una certa consistenza.

Paolo da buon ebreo frequenta la sinagoga.

A Corinto la vita morale è discutibile. Il culto principale è quello a Venere. È evidente la tendenza al sincretismo, non tengono distinte ma mescolano diverse religioni. Nella città si parla il greco, nelle zone di campagna un dialetto incomprensibile. Per questo Paolo evangelizza partendo sempre dai grandi centri.

Arriva a Corinto verso il 50-52, durante il secondo viaggio missionario. Proviene da Atene, dove tiene un discorso che è un fallimento. Con cura evita di parlare di tutto ciò che turba gli uditori. Soprattutto non annuncia la croce. Gli ateniesi vanno via, si rifiutano. Da questa esperienza negativa, ricava una grande lezione: “Da ora in poi non predicherò altro che Cristo e Cristo crocefisso”.

Ha problemi seri, come quello di dover sbarcare il lunario. Incontra provvidenzialmente Aquila e Priscilla, una coppia di ebrei espulsa da Roma. Questa coppia si stabilisce a Corinto ed offre ospitalità a Paolo.

Da buon rabbino esercita un mestiere per sostenersi con il lavoro delle sue mani. Da Tessalonica arrivano Sila e Timoteo. Gli portano un aiuto finanziario che gli consente di dedicarsi completamente alla predicazione.

Paolo ha il carisma del fondatore, ma non quello del continuatore. Fonda una comunità e poi va oltre. Coltiva le relazioni mediante le sue lettere.

A Corinto c’è movimento, vita ed entusiasmo. È visitata non solo da Paolo, ma anche da Apollo e da altri missionari numerosi lungo il mediterraneo. È grande la difficoltà a coniugare fede e vita. Esistono nella comunità due posizioni: chi rivendica una libertà assoluta, chi una libertà condizionata.

I Corinti sostituiscono la Croce con la sapienza. L’Apostolo ritorna costantemente alla sua vocazione. Gli Atti riportano tre racconti di vocazione.

Nella Scrittura la vocazione è elemento essenziale che fonda tutta la vita del profeta, dandogli l’orientamento di fondo. Non è Paolo che cerca Gesù, ma Gesù che cerca Paolo. L’apostolo sperimenta quella che chiamiamo Grazia preveniente.

Paolo non è mai stato accettato. Hanno paura di lui, nessuno lo prende sul serio. È accolto di nuovo in comunità grazie all’intervento di Barnaba ed è considerato un problema. Molte volte, con amarezza, fa l’esperienza dell’abbandono. È dimenticato.

Qual è l’esempio che l’apostolo ha lasciato ai Corinti? Insiste sulla necessità di non gonfiarsi. Alcuni, mangiando diventano gonfi e pieni. Senza digestione tutto rimane sullo stomaco. Senza digestione non è possibile assimilare. Assimilare per bene è essenziale.

Paolo parla di croce senza retorica. Non gonfiandosi ma svuotandosi (Kenosi) accogliamo l’invito: non divoriamo ma ruminiamo. Edifichiamo quello spazio interiore che l’apostolo chiama tempio.

 

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