Meditiamo sulla Parola – III domenica di Quaresima anno A

Nell’ episodio della Samaritana si intrecciano diversi insegnamenti, ancora attuali.

Il primo è il superamento delle barriere razziali: “Come mai un Giudeo chiede da bere ad una Samaritana?”. I Samaritani non hanno buone relazioni con i Giudei.

Gesù contesta l’atteggiamento dei connazionali e porta un Samaritano a esempio dell’amore del prossimo; fa notare ancora che dei dieci lebbrosi guariti, uno solo torna a ringraziare ed è Samaritano. Rimprovera i discepoli che vogliono far scendere fuoco dal cielo sui samaritani che non li hanno accolti.

Nell’episodio evangelico di oggi un’altra barriera viene abbattuta: i discepoli si meravigliano a vedere il Maestro parlare ad una donna da solo e in luogo pubblico. La situazione matrimoniale della Samaritana è tutt’altro che regolare per quei tempi: ha avuto successivamente cinque mariti, ora convive con un altro uomo. Ci sono tutti i motivi per evitare l’incontro invece Gesù è il primo a muovere un passo di avvicinamento, si fa mendicante: “dammi da bere”.

Il dialogo consente di riflettere su un altro punto dolente: cosa significa spirito e verità?

“I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo dell’adorazione”. Gesù risponde: “Credimi, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme, adorerete il Padre. Dio è Spirito e quelli che l’adorano devono adorarlo in Spirito e Verità”.

Con queste parole Gesù sposta l’essenza del culto dall’esterno all’interno. Sono denunciati ritualismo e formalismo che fanno della Religione una questione di luoghi e di riti. Anche Israele rischia di cadere nello stesso equivoco. Eppure Salomone aveva dichiarato solennemente: “I cieli dei cieli non possono contenerti, o Dio, tanto meno la casa che io ho costruito”.

La pagina evangelica odierna, la pagina del cieco nato e della resurrezione di Lazzaro fanno parte di una triade di “storie di rivelazione”. La Chiesa considera questi tre brani la migliore preparazione al Battesimo e alla Pasqua. L’episodio della Samaritana proclama che con il Signore la vita eterna è una realtà accessibile; il segno del cieco nato annuncia che Gesù è la luce del mondo; la risurrezione di Lazzaro afferma che Cristo è la resurrezione e la vita.

Vita eterna è una delle realtà portanti del IV Vangelo. Con Gesù, la vita eterna non è più un’idea campata in aria ma si radica nel mistero dell’incarnazione. Giovanni nelle sue lettere scrive: “Egli è vero Dio e vita eterna. In Lui, non è apparsa in terra solo la divinità, ma anche l’eternità”. In Cristo c’è l’unione tra eternità e tempo. Cambia il destino dell’uomo: da un essere per la morte diviene un essere per l’eternità.

Oggi eternità è una parola morta, non siamo capaci di coglierne il senso. È una parola rimossa dal vocabolario dell’uomo. Siamo attaccati esclusivamente al saeculum, al tempo presente e a questo mondo. Nessuno osa parlare delle cose ultime.

Kierkegaard sottolinea: “L’aldilà è diventato uno scherzo, nessuno lo rispetta, nessuno più lo prospetta”.

Il desiderio naturale di vivere sempre diventa desiderio di vivere bene a tutti i costi. Noi siamo creati per l’eternità, ne portiamo nel cuore il desiderio naturale. Non possiamo vivere senza eternità. A che serve vivere bene, se non è dato vivere sempre?

La Samaritana resta una donna in carne ed ossa, la sua è una storia vera. Cerca fino alla fine la sua felicità senza mai trovarla. È la situazione di tante persone che faticano a costruire la propria vita su un amore solido e duraturo. Agostino ci ricorda: “ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.

Geremia così registra il lamento di Dio: “Il mio popolo ha compiuto due misfatti: hanno abbandonato me, fonte di acqua viva, per scavarsi cisterne crepate, incapaci di trattenere l’acqua”.

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