
Lorenzo Milani
TESTIMONE PER I NOSTRI GIORNI
Don Lorenzo Milani (nome completo Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti; Firenze, 27 maggio 1923 – Firenze, 26 giugno 1967), è stato un presbitero, scrittore, docente ed educatore cattolico italiano.
Chiesa, scuola e giustizia sociale sono stati i tre ambiti in cui don Lorenzo ha speso la sua vocazione sacerdotale. “La sua fu una conversione improvvisa, per alcuni versi misteriosa, sicuramente radicale. Decise di diventare credente e prete nello stesso momento. Ebbe sì difficoltà con alcuni uomini della Chiesa, anche in posizione importante, ma non con la Chiesa in quanto tale. Il fatto gravissimo è che fu non solo allontanato da San Donato a Calenzano, ma anche esiliato a Barbiana, un luogo sperduto di cui si era decretata la chiusura. Don Lorenzo desiderava una chiesa diversa, al servizio dei poveri e della giustizia sociale, rappresentando un esempio di come ogni azione pastorale non possa prescindere dalla gente a cui si rivolge”.
(Fonte: intervista a Gianni Criveller, a cura di Laura Bellomi e Vincenzo Vitale, Credere, 18 maggio 2023).
A Barbiana Don Lorenzo entrò in contatto con una realtà di povertà ed emarginazione. Iniziò in quelle circostanze il primo tentativo di scuola a tempo pieno, espressamente rivolto a coloro che, per mancanza di mezzi, sarebbero stati quasi inevitabilmente destinati a rimanere vittime di una situazione di subordinazione sociale e culturale.
Gli ideali della scuola di Barbiana erano quelli di costituire un’istituzione inclusiva, democratica, con il fine consentire a tutti gli alunni, mediante un insegnamento personalizzato, di raggiungere un livello minimo d’istruzione garantendo l’eguaglianza con la rimozione di quelle differenze che derivano da censo e condizione sociale. La scuola di Barbiana era un vero e proprio luogo collettivo dove si lavorava tutti insieme e la regola principale era che chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno.
La scuola suscitò immediatamente molte critiche e a essa furono rivolti attacchi, sia dal mondo della chiesa sia da quello laico.
Le risposte a queste critiche vennero date con “Lettera a una professoressa” (maggio 1967), in cui i ragazzi della scuola (insieme a don Milani) denunciavano il sistema scolastico e il metodo didattico che favoriva l’istruzione delle classi più ricche, mentre permaneva la piaga dell’analfabetismo in gran parte del paese.
Fu don Milani ad adottare il motto inglese “I care”, letteralmente mi importa, mi interessa, ho a cuore (in dichiarata contrapposizione al “Me ne frego” fascista), che sarà in seguito fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche. Questa frase scritta su un cartello all’ingresso riassumeva le finalità educative di una scuola orientata alla presa di coscienza civile e sociale.
(Fonte: Wikipedia)
“Se all’epoca di Lettera a una professoressa la denuncia era contro una scuola classista, oggi salta all’occhio come la scuola non riesca a trasformare l’istruzione in apprendimento di vita. La scuola dovrebbe cercare chi è ai margini, altrimenti si perpetuano le ingiustizie. Don Milani individua nella parola e nella capacità di usarla l’unica via per aprire la strada alla piena cittadinanza e all’appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole” (Fonte: intervista a Padre Eugenio Brambilla, a cura di Laura Bellomi e Vincenzo Vitale, Credere, 18 maggio 2023).
“Il gesto che oggi ho compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo vescovo. E cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. […] Cerchiamo di essere uomini di fede schietta, non annacquata; e uomini di carità, carità pastorale verso tutti coloro che il Signore ci affida come fratelli e figli. Don Lorenzo ci insegna anche a voler bene alla Chiesa, come le volle bene lui, con la schiettezza e la verità che possono creare anche tensioni, ma mai fratture, abbandoni. […] Pregate perché anche io sappia prendere esempio da questo bravo prete”. (Papa Francesco, 20 giugno 2017 in pellegrinaggio a Barbiana).
“Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io […] reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri” (da: L’obbedienza non è più una virtù, 1965).