
Meditiamo sulla Parola – Pentecoste anno A
La Liturgia odierna prevede, dopo la seconda lettura, la sequenza o anche giubilazione di Pentecoste.
La sequenza ha un posto notevole nella lirica medievale e nel canto popolare. Non sappiamo chi sia l’autore. Consta di dieci strofe a metro regolare e ogni strofa comprende tre versetti di sette sillabe.
La Chiesa Romana conserva cinque sequenze: alla vittima pasquale; Vieni Santo Spirito; Lauda Sion; Stabat Mater; Dies Irae.
Nel tempo ormai trascorso c’è fame di Spirito Santo, oggi è un illustre ignoto. Dobbiamo ritornare a ricercare luce per rispondere alla nostra vocazione e alla nostra missione. Dobbiamo metterci alla scuola dello Spirito che insegna. Dobbiamo impegnarci a invocarlo sempre più frequentemente, nella rinnovata certezza che nessuna preghiera può essere formulata in modo valido se non è dettata dallo Spirito. È necessario invocarlo incessantemente perché rimanga al nostro fianco e dentro di noi. “Io sono la luce che è sopra ogni cosa”
Vieni, Santo Spirito! Vieni Padre dei poveri!
Il primo movimento dell’anima verso lo Spirito è la ripetuta, insistente invocazione della sua venuta. Siamo messi immediatamente in presenza di qualcuno che visita, che resta, che viene sempre, anche quando non lo chiamiamo. Lo Spirito viene in pienezza e in misura sovrabbondante.
Nonostante i nostri buoni propositi, puntualmente, come il primo uomo, cadiamo nell’illusione di poter fare tutto senza ricorrere a Dio.
Il nome Spirito
A chi ci rivolgiamo con la nostra pressante invocazione? Ad una persona, precisamente alla persona divina dello Spirito Santo.
Il termine Spirito può designare il vento o il soffio vitale dell’uomo. Dio è Santo, è fonte di santità. La distanza tra la santità di Dio e la debolezza umana, è sanata da Cristo.
Il termine Spirito può designare anche e soprattutto la vita spirituale che è la caratteristica dell’Homo Sapiens. Bisogna che ci mettiamo in stato di silenzio e di attesa. L’attesa richiede silenzio, la predisposizione all’accoglienza. Il movimento dello Spirito che viene dall’alto, ci spinge, ci attira verso tutti coloro ai quali siamo mandati. Il vento, la pioggia fecondatrice, sono espressioni che narrano una presenza provvidenziale. Lo Spirito, come soffio vitale dell’uomo, è segno di vita.
Chiedono ad Agostino “Che cos’è lo Spirito Santo”. Risponde: “È il dono del Padre ed insieme il dono del Figlio”. Lo Spirito è dono che non si accaparra, perché viene accordato, condiviso gratuitamente.
Anche nell’ordine della natura, tutto appartiene al Creatore. “Fuori di me, non c’è nulla”.
Nella vita spirituale, normalmente è sufficiente camminare, non arretrare. In determinate circostanze, però, è indispensabile correre, darsi da fare. In questi casi, la virtù deve essere raffinata.
Le lingue dicono calore, luce. “Io sono la luce del mondo”. “Il consolatore insegna ogni cosa, e fa ricordare tutto quello che ho detto”. Gli apostoli rimangono per tre anni in sua compagnia. Ascoltano, ma non comprendono. Bisogna illuminare l’ignoranza, eliminare ogni condizionamento, bruciare ogni tipo di scorie. Il Paraclito, attraverso il dono della sapienza, ci dà la possibilità di gustare quanto conosciamo.
Consolatore perfetto
Solo quando ci disponiamo ad accogliere la Parola (Dabar) il peso diventa, non solo sopportabile, ma anche più leggero. Portando la croce dietro di lui, la portiamo con lui. Verità e carità, luce e amore sono strettamente legati. “Senza lo Spirito Santo, Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione e l’agire cristiano una morale da schiavi”.
In lui il Cristo è risuscitato, la Chiesa è comunione trinitaria, l’autorità è un servizio liberatore (diaconia), la missione è Pentecoste, la Liturgia è memoriale ed anticipazione, l’agire umano è l’agire di Dio.