
Meditiamo sulla Parola – XII Domenica del tempo ordinario anno A
La paura ha il potere di bloccare, di frenare l’iniziativa, di svuotare il desiderio. La paura impedisce ogni forma di novità, blocca ogni movimento, trasforma le esperienze vitali in minacce, ostacola la crescita e rende impossibile raggiungere la pienezza. Scoraggia la sperimentazione, trasforma tutti in nemici.
Seminata con arte provoca chiusure, innalza steccati, esclude il dialogo, rende insensibili nei riguardi degli altri soprattutto se diversi e stranieri. Sotto la pressione della paura, si innalzano muri di divisione che diventano insormontabili anche per coloro che non si arrendono facilmente.
L’uomo ha anzitutto paura di Dio. Nella Genesi l’uomo è creato per la comunione con Dio, ma quando consuma il peccato ne deriva nascondimento e paura.
Il bambino ha paura di tante cose, teme l’abbandono, la mancanza di luce. L’adolescente facilmente soffre di complessi di timidezza e inferiorità. L’adulto sperimenta l’angoscia di un mondo invadente e violento, scopre la sua vulnerabilità.
Quando si vivono situazioni di pericolo, come ad esempio la malattia, ci assale l’ansia, e il timore del peggio condanna ad una non vita.
L’ansia diventa positiva quando si trasforma in una reazione di coraggio dalla forza inaspettata.
L’uomo ha paura della morte perché rende schiavi e alienati. Nel libro di Giobbe: “La morte è il re delle paure”. Abbiamo difficoltà ad accettare questa verità perché la nostra società assomiglia al palazzo che il padre di Budda ha costruito per suo figlio. Un palazzo con un grande muro in cui è stato escluso ogni segno di morte.
Gesù ha dato un nome alle ansie dell’uomo: “Che mangeremo? Che berremo?”.
La vera radice di tutte le paure è la solitudine.
San Paolo insegna un metodo pratico per vincere le paure. Passa in rassegna tutte le situazioni di pericolo: “La tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada” (Rm 8,35 ss.). È certo che Dio non abbandona e conclude: “In tutte queste cose noi stravinciamo grazie a colui che ci ama”. L’invito è quello di tenere a bada tutte quelle paure che annullano la fiducia in noi stessi.
Gesù fa l’esperienza della paura in prima persona. Nel giardino degli Ulivi prova tristezza e angoscia. Lo assale un terrore solitario, come di chi si sente tagliato fuori, una solitudine immensa. L’ha voluta sperimentare per redimere anche questo aspetto della condizione umana. Da quel giorno, vissuta in comunione con lui, la paura, specie quella della morte, ha il potere di innalzarci, anziché deprimerci, di renderci più attenti agli altri, più comprensivi, in una parola, più umani.
Nell’opera di Bernanos “Il dialogo delle carmelitane” si narra la storia di sedici suore perseguitate durante la Rivoluzione francese. Tra loro c’è una suora giovanissima la cui madre l’ha data alla luce in seguito ad un terribile spavento, è impastata di paura. Quando le persecuzioni si fanno più minacciose, suor Bianca fugge spaventata. Le consorelle, mentre vengono condannate alla ghigliottina, cantano in coro il Veni Creator (la sequenza di Pentecoste). A mano a mano che vengono ghigliottinate, il coro diventa sempre più flebile. Giunta alla penultima strofa, il silenzio. Quand’ecco, nel silenzio generale, levarsi in mezzo alla folla una voce risoluta, quasi infantile. Suor Bianca scopre in sé un nuovo coraggio. Si fa avanti, sale sul palco e canta l’ultima strofa e presenta anche lei il capo alla ghigliottina. La paura ha reso ancora più trasparente il suo martirio.
È un incoraggiamento per quelli che, nonostante tutti gli sforzi, non riescono a vincere la paura.
La paura più brutta e pericolosa è avere paura della propria paura.