
Meditiamo sulla Parola – II domenica di Quaresima anno B
La pericope della Trasfigurazione rappresenta una tappa importante prima che si compiano gli eventi che portano Gesù alla passione. Per questo viene celebrata anche il 6 agosto (data conservata sia nella chiesa di Oriente che di Occidente) precedendo esattamente di 40 giorni il 14 settembre, giorno dedicato all’ Esaltazione della Croce. È una pagina centrale di tutti sinottici collocandosi in un momento in cui tutti gli eventi legati alle attività terrena di Gesù lo conducono verso la Passione.
Di seguito proponiamo una riflessione sui diversi elementi presenti in questo brano, così come proposti dal Cardinale Martini durante gli esercizi spirituali: La trasformazione di Cristo e del cristiano alla luce del Tabor.
Il Monte. «Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli».
Il «monte» è un simbolo formidabile nella Bibbia: è il luogo dove solevano avvenire gli incontri con Dio, dove Mosè ha ricevuto la Legge e ha conosciuto più profondamente il mistero divino, dove Elia ha incontrato il Signore e ne ha ascoltato la voce. Anche se il monte aiuta l’incontro con Dio e favorisce il distacco dalla quotidianità che può essere distraente, essere sul monte comporta delle difficoltà, delle scomodità e dei rischi, come viene evidenziato nella icona della trasfigurazione di Novgorod dove Gesù, Mosè ed Elia si trovano su tre picchi rocciosi, scomodi e di scarso equilibrio.
La figura di Gesù nella trasfigurazione. In un momento di solitudine in cui è giunto alla consapevolezza della sua missione, in un momento nodale del suo percorso terreno, salì sul monte a pregare. La preghiera era il respiro della sua vita, una preghiera fatta di non ostentazione, solitudine, perseveranza, fiducia. Il Padre interviene quasi a incoraggiarlo mostrandogli quella gloria che è già in lui, pur se non è ancora manifestata. Il volto di Gesù rifulse (élampsen). In chiave battesimale, il rifulgere del suo volto nella Trasfigurazione richiama la creazione della luce e richiama la luce del volto di Cristo risorto che si riflette sul nostro volto, per cui il battesimo deve essere l’illuminazione del volto, del nostro volto. La trasformazione riguarda pure le vesti che diventano di un bianco sovrannaturale. Nella simbologia biblica le vesti bianche risplendenti indicano le opere. Il battesimo trasforma sia la visione che le opere, sia la mentalità che l’agire del cristiano.
I discepoli. Pietro, Giacomo e Giovanni vivono un’esperienza sublime e sconvolgente, non si sentono all’altezza e quasi tendono a banalizzare. (“….Costruiamo tre tende….”) L’evento della trasfigurazione insegna che non sono loro a costruire le tende, ma è Dio che, come riportato alla fine del passo, li avvolge nella tenda dello Spirito (la nube luminosa). In ogni caso l’evento per i discepoli è sorgente di una grande consolazione per cui comprendono che le negatività della quotidianità, le sofferenze che vivranno al fianco di Gesù nel Getsemani trovano senso nel mistero di Dio che si rivela. I tre discepoli contemplano Gesù quale centro e vertice del disegno di Dio.
Mosè ed Elia. La presenza di Mosè ed Elia, segno della legge e i profeti, evidenzia la continuità con il primo testamento, Gesù come la sintesi di tutto quanto annunciato nel Primo Testamento. Se la Chiesa si distaccasse dalle Scritture e dal popolo ebraico, taglierebbe le sue radici, perché la Chiesa non è se non l’ebraismo portato a compimento.
Esodo di Gesù. Nel mistero della Trasfigurazione sul Tabor è già previsto l’esodo che si compirà a Gerusalemme: passione, morte e resurrezione. «Apparsi Mosè ed Elia nella loro gloria, parlavano del suo esodo che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» Gesù ha vissuto la gloria del Tabor per attraversare il silenzio di Dio. Dopo la parola esodo, c’è la parola compimento, che indica la pienezza del disegno di Dio. Questo compimento nella storia umana è l’Eucaristia, che contiene in una estrema sintesi il mistero pasquale: passione, morte, risurrezione, ascensione di Gesù.
La nube e la voce dal cielo. I tre discepoli vengono coinvolti nella nube. I discepoli entrano nella nube luminosa che è lo Spirito Santo. In chiave battesimale entriamo così nell’azione dello Spirito Santo che prega, ama e loda nel battezzato, spingendolo a un continuo superamento di sé. Ed ecco una voce che diceva: “Questi è il Figlio mio prediletto, che ha tutto il mio favore. Ascoltatelo”» (17, 5). «Ascoltatelo!». È una parola chiave nel racconto della Trasfigurazione. Gesù parla per interpellare e scuotere ciascuno di noi, parole dette a me e a nessun altro. La voce dal cielo rimanda a quella proclamata su Gesù nel battesimo in seconda persona: «Tu sei il mio Figlio prediletto». Dunque, nel battesimo il Padre dice a me: «Tu sei mio figlio prediletto». Questa parola mi trasforma mi chiede di vivere da figlio riconoscente e affettuoso, non da servo diligente. La trasfigurazione coinvolge me battezzato, e mi consola nel cammino in cui mi sento dire dal Padre: «Tu sei mio figlio come Gesù, io ti amo e ti vedo come Gesù».