Meditiamo sulla Parola – V Domenica di Pasqua anno B

Il vangelo proclamato in questa V domenica di Pasqua è tratto dai discorsi di addio (Gv 13,31-16,33). Parole che il Risorto glorioso e vivente rivolge alla sua chiesa. Anche questa domenica il vangelo esordisce con l’autorivelazione di Gesù “Io sono”, la sua identità è però caratterizzata dall’aggettivo “vera”, Gesù si identifica con la “vera vite”.

La vite è spesso usata con valore simbolico nella Bibbia, come pure l’ulivo. Molte famiglie ebree coltivavano la vite che dava ombra in estate e uva e vino. Anche Gesù cresciuto nel mondo agricolo se ne serve. L’immagine della vigna, nel suo simbolismo religioso, era molto nota ai discepoli di Gesù. Uno degli ornamenti più vistosi del tempio eretto a Gerusalemme da Erode e che Gesù frequentò, era appunto una vite d’oro con grappoli alti come un uomo. Gesù, rivelando di essere lui la vite vera- come Geremia proclama di Israele: “Ti ho piantato quale vite vera (alethiné)” – si definisce l’Israele autentico, piantato da Dio, dunque pretende di rappresentare in sé tutto il suo popolo, proprietà del Signore.

Dio è il vignaiolo che cura la sua vigna costantemente mediante tagli e potature, affinché la vendemmia e quindi il vino siano abbondanti (Sal 104,15) “Il vino che rallegra il cuore umano”. È evidente l’unione tra la vite -Gesù e i tralci-noi attraverso la linfa-parola che proviene dal Padre e che ci mette in condizione di portare frutti. Il vangelo insiste esortandoci, per ben sette volte, a “rimanere in Gesù”, Parola fatta carne. Rimanere indica due aspetti: l’adesione alla sua Parola (fede) e l’agire secondo la Parola (carità). “In questo è glorificato il Padre che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.

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