
Meditiamo sulla Parola – XVI Domenica del tempo ordinario anno B
Nel Vangelo di domenica scorsa Gesù aveva mandato in missione gli apostoli verso i villaggi della Galilea. Ora con l’ardore e forse anche con l’ingenuità dei neofiti, tornano e raccontano tutto quello che hanno detto e fatto.
Sono stanchi e il Signore dice loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’».
Il “riposare” è davvero importante. Dio al settimo giorno si fermò.
Occorre fermarsi, ritrovare il tempo di cui, per grazia di Dio, non si è privi. La categoria dell’utilità a tutti i costi è una categoria che stritola le persone e le conduce alla nevrosi. Un genitore che crede di poter essere presente, sempre e comunque, di rispondere in tutte le occasioni alle richieste della sua famiglia commette un grande errore. Non siamo inossidabili, non possiamo essere sempre sull’attenti.
Gesù non invita all’usura, anzi dice: «Se continui a sfibrarti al di là di quello che tu sei, presto o tardi tu darai quello che sei. E se di dentro c’è il vuoto, darai il vuoto».
In alcuni momenti è necessario appartarsi, prendere le distanze e lasciare che le persone care camminino con le proprie gambe.
Questo fermarsi rende veramente utili ogni volta che usciamo e viviamo l’incontro con gli altri. Senza pretese possiamo essere al massimo un segnale stradale, quando va bene indicare la via.
L’unico vero pastore è Gesù Cristo, perché è lui vivo, presente che ci dà pane, cibo di vita eterna. L’Eucaristia, i sacramenti, la catechesi, ogni attività pastorale, tutto confluisce a trovare l’incontro con lui.
Purtroppo, la nostra sequela di Cristo ha ancora una dimensione nebulosa e questo è un segnale: abbiamo una fede ancora troppo legata alle cose, a comportamenti che a volte contraddicono il Vangelo.
Il segno di aver veramente accolto l’invito del Signore è la disponibilità ad entrare nel suo riposo che è la carità, il servizio, la compassione, la disponibilità a cercare la pace senza sottrarsi a essere disturbati dal bisogno degli altri: «perché erano come pecore che non hanno pastore».