
Meditiamo sulla Parola – XX Domenica del tempo ordinario anno B
Da tre domeniche ascoltiamo il capitolo sesto del vangelo secondo Giovanni che insiste sull’unica identità di colui che è il Figlio del Padre disceso dal cielo, parola di Dio e pane, cibo di vita eterna per i credenti.
Un proverbio della saggezza contadina recita: “il pane di ieri è buono domani”.
L’insegnamento che viene dal passato servirà per il futuro, e i valori dell’esistenza di chi ci ha preceduto sosterranno anche la nostra. Il passato non è da buttare.
Senza memoria si diventa schiavi: “ricorda e sei libero, dimentica e sei schiavo”.
I nostri nonni hanno insegnato che il pane, foss’anche un piccolo tozzo, va serbato e mai gettato. Per dire questa sacralità in Oriente il pane non viene tagliato con il coltello ma spezzato con le mani. Da piccoli non capivamo il perché di tutta quella attenzione per un bene così comune. A volte tornano alla mente i loro racconti di fame e di guerra e, purtroppo, li riviviamo nei nostri giorni con la sofferenza e violenza di sempre. Il pane è vita. Capita nelle nostre città di incontrare donne e uomini in cerca di pane nei cassonetti dell’immondizia; oppure disposti a mettere in gioco la loro vita attraversando torture nei centri di detenzione, mari e deserti per procurare pane per le loro creature.
Nelle parole di Gesù il pane è il mezzo per annunciare la vita che vince la morte; diviene carne, diviene vita eterna dono di Dio dato ad ogni creatura.
Non esiste “pane mio” ma “pane nostro”: «Del Signore è la terra e quanto contiene» (Salmo 24).
Il pane di vita diviene cibo che dà senso solamente se lo si mangia, se si fa esperienza personale e profonda che assumerlo è accogliere il Cristo, credere alle parole del crocifisso risorto senza perderci in elucubrazioni vaporose. Dovremmo sempre accostarci all’Eucaristia pieni di gratitudine ma anche con il timore e tremore di chi comunica a tutta la vita del Figlio (passione – morte – resurrezione – intercessione per noi presso il Padre), la vita stessa di Dio. Certo una comunione a caro prezzo perché a caro prezzo è la vita donata da Gesù per l’umanità tutta.
Il Signore porta il pane di vita a tutti, senza distinzione e senza centellinarlo.
«Prendete e mangiatene tutti questo è il mio corpo…» queste le parole che ascoltiamo alla Cena del Signore. Solo accettando di mangiarlo riceveremo quella capacità di amare e di trasmettere, anche se spesso malamente e in maniera imperfetta. Diversamente, assumeremo pani strappati, fatti di possesso e non di condivisione, pani neri bruciati dall’odio e dalla violenza, pani raffermi per la nostra pavidità e incapacità di metterci in gioco sulle parole dell’Evangelo.