
Meditiamo sulla Parola – XXII Domenica del tempo ordinario anno B
Le letture di questa domenica convergono sul tema della fede che nasce dall’ascolto.
«Incapaci di ascoltare e di parlare»: così sono gli uomini secondo un frammento di Eraclito.
Il cristiano ha piena coscienza che la sua capacità di pregare/parlare a Dio, che egli non può vedere, dipende dall’avere un orecchio attento. «Il Signore ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli (Is 50,4)».
La fede nasce dall’ascolto: fides ex auditu (cf. Romani 10,17). La fede, e quindi anche la fedeltà al Signore, partono dall’accoglienza e dall’ascolto interiore e non solo esteriore della Parola di Dio.
Il verbo ebraico “ascoltare” include l’obbedienza. Alcuni Farisei avevano sostituito pian pian questa Parola per fare spazio a loro tradizioni. Anche noi abbiamo sostituito la Parola con forti tradizioni di diversa natura. Si tratta di sovrastrutture o precomprensioni che non vengono d Dio.
Apparentemente la Parola di Dio nelle nostre chiese, nelle nostre comunità, sembra rivestire una certa importanza. Ma in profondità ciascuno di noi è ascoltatore della Parola? Si lascia plasmare?
Si tratta di riconoscere la Parola di Dio come fonte autorevole che orienta la vita, le dà una direzione e traduce l’assenso del cuore in azioni concrete.
Si potrebbe fare un’equazione: cristiano = ascoltatore interiore della Parola.
Gesù, con quello che ha detto e fatto, è la Parola. In Lui, nella sua umanità, è presente la volontà di Dio fatta carne.
Capita di confrontarsi con persone che si sono avvicinate alle Scritture e sentire: “Ma io ho tentato di leggere la Bibbia, è difficile”. Chiediamoci: tutti e quattro gli evangelisti (Marco – Matteo – Luca – Giovanni) sono per noi il luogo interiore al quale tornare con una certa assiduità per verificare a che punto siamo nella nostra adesione a Cristo?
Indubbiamente alcune pagine del Vangelo esigono delle spiegazioni, tuttavia Gesù ha una tale evidenza che non è riducibile a sola teoria. La sua è una vita concreta dove parole e fatti trovano corrispondenza. Una fede, una pratica religiosa, che non nascono da questo luogo interiore, sono rischiose, perché facilmente sfociano in percorsi autoreferenziali che non corrispondono a quello che il Signore si aspetta da noi. Si rischia di fare un percorso personalizzato.
Questo individualismo è ben presente nelle nostre comunità.
Alcuni “liberi pensatori” con un po’ di ironia, affermano: “sono cristiano, ma alla mia maniera”, oppure ” sono credente non praticante”.
La parola cristiano si riferisce a Cristo è non ad altro. Altre forme di “cristianesimo” sono il frutto di nostre fantasie e delle nostre incoerenze. Bisogna prendere sul serio la Parola.
Il valore delle parole di una persona a cui teniamo è importante, esse non hanno la stessa importanza delle battute di un passante casuale.
Qual è il fondamento nella nostra fede? Nelle nostre chiese girano miriadi di opuscoli di varia natura, i portali sono pieni di iniziative e quelli che fanno queste cose credono di essere di aiuto alla chiesa. Lasciano questi foglietti che trattano di tutto perché altri li leggano. Il Vangelo dov’è? La Parola di Dio dov’è? Di rivelazioni private o presunte tali, di soluzioni ai mali di questo mondo ce ne sono fin troppe.