Meditiamo sulla Parola – XXX domenica tempo ordinario anno B

Marco 10,42-56

Gesù sta camminando verso Gerusalemme. Quasi tutti gli episodi di questa sezione del vangelo, presentano come scenario la “strada”. Qui è il percorso che porta a Gerusalemme e cioè alla passione e alla morte. Questa strada è luogo di incontri di grande spessore simbolico. Un personaggio ricco, che non aveva avuto il coraggio di lasciare i suoi beni, Bartimeo che invece si libererà di tutto pur di andare da Gesù. Su questa strada si manifestano anche le aspirazioni dei discepoli: sedersi e farsi servire, essere importanti e dominare… Ricordiamo inoltre che i discepoli discutono a più riprese su chi sia il più importante. Il brano non è solo il racconto di una guarigione ma anche la chiamata alla sequela.

L’itinerario di Bartimeo può essere considerato una catechesi marciana sul cammino del discepolo, il modello di come bisogna incontrare Gesù.

Poniamo attenzione al processo di trasformazione in cui è coinvolto Bartimeo. Esso si snoda in alcune fasi. Il primo momento sta nell’informazione che giunge a Bartimeo del passaggio di Gesù. Bartimeo in quanto cieco è l’uomo dell’udito.: tutto il suo mondo passa attraverso le parole e nella vita di parole ne avrà ascoltate tante, ma ora egli ha ascoltato una parola per la quale decide di prendere posizione; il cammino di fede inizia sempre come la decisione di fronte ad una parola tra mille parole, come la scelta di impegnarsi di fronte ad una proposta, la fede nasce dall’ ascolto. La decisione di Bartimeo si concreta in un secondo momento nel grido accorato rivolto a Gesù: ”Figlio di Davide, Gesù abbi pietà di me! “ È il grido che la tradizione orientale ha fatto proprio nella preghiera del cuore. Ma questo grido deve superare gli ostacoli circostanti, la folla gli dice di tacere, ma il suo grido, o se vogliamo la sua preghiera si fa insistente, perseverante. Premiata dalla misericordia di Gesù, che si ferma ad aspettarlo e addirittura lo fa chiamare e qui Marco sottolinea la risposta di Bartimeo alla chiamata di Gesù. Innanzitutto non pone alcun indugio, ma balza in piedi e si libera del mantello che potrebbe impedire la corsa verso Gesù. Inoltre ricordiamo che il mantello è il tesoro più prezioso per un mendicante e per un povero, quindi Bartimeo si priva di ciò che è più importante per lui, pur di non perdere l’occasione di incontrare Gesù. La sua risposta è priva di esitazioni, piena si slancio. Ogni cammino di fede deve diventare anche scelta, decisione, capacità di morire a sé stessi, di lasciare le false ricchezze, per trovare ciò che è vero tesoro. Bartimeo e Gesù ora sono uno di fronte all’altro. Il cieco non chiede a Gesù che il dono della vista. La fede diventa quasi sfrontatezza davanti a Dio, una sfrontatezza, che è in realtà dettata dalla fiducia piena, dalla certezza di trovarsi di fronte ad uno a cui nulla è impossibile. Un altro particolare nell’espressione di Bartimeo è “Rabbunì”, questo titolo si ritrova in Giovanni sulle labbra di Maria di Magdala quando riconosce il Signore risuscitato. Esso non significa semplicemente Maestro, ma Maestro mio, con una chiara sfumatura di affezione. L’incontro tra Gesù e Bartimeo è quindi un incontro profondamente personale, egli ha scoperto non solo un maestro ma il suo maestro. È entrato cioè alla scuola della sua

parola di vita. Dopo aver riacquistato la vista Bartimeo si mette a seguire Gesù, non un percorso momentaneo, ma duraturo, sottolineato dal verbo all’imperfetto: lo seguiva.

Il brano di domenica ci porta a riflettere:

  • sulla misericordia: l’invocazione di Bartimeo ”Abbi pietà di me o misericordia di me” significa innanzitutto chiedere un cuore nuovo, che lo aiuti a vedere le cose in modo nuovo continuamente;
  • sulla preghiera insistente, perseverante e di fiducioso abbandono;
  • su chi è il vero discepolo: c’è bisogno di ascolto, di una presa di coscienza e di una scelta decisiva che, come per Bartimeo, ci faccia entrare nella vita stessa di Gesù.

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