
Vangelo e denaro: quale relazione? Riflessioni per il periodo di Avvento (anno C) – II parte
Continua la riflessione del periodo di Avvento sul tema “Vangelo e denaro”.
La pagina evangelica di oggi (Lc 3,10-18) ci esorta a porci una domanda: “Che cosa dobbiamo fare”?
Ebbene, questo quesito dovrebbe accompagnare anche le nostre scelte quotidiane in ambito economico, guidando le nostre abitudini di acquisto e di consumo.
In effetti, di fronte a grandi questioni, come la crisi finanziaria del 2008 dovuta a sfrenate politiche di deregolamentazione degli strumenti finanziari, soprattutto dei derivati, siamo quasi naturalmente portati a ritenere che non possiamo fare nulla. Si tratta, infatti, di problematiche così ampie e complesse da non avere (apparentemente) alcuna relazione con le nostre scelte quotidiane.
In verità, dovremmo sempre chiederci se e in che misura ciò che facciamo può incidere sul funzionamento del sistema economico. Questo tema sarà affrontato, in modo più dettagliato, nella prossima riflessione.
In via preliminare, sembra opportuno riflettere sullo stato d’animo con cui affrontiamo queste problematiche. Spesso, infatti, magari anche inconsapevolmente, siamo portati ad assumere un atteggiamento pessimistico, di chiusura, che non lascia spazio alla buona notizia. Eppure, ci sono tanti elementi positivi su cui vale la pena riflettere.
Tra tutti, consideriamo il caso del “microcredito”, che può essere definito come l’insieme dei prestiti di importo modesto, di regola destinati al consumo personale, che sono concessi a persone che risultano tendenzialmente escluse dal sistema finanziario tradizionale. Si tratta di persone che, non potendo offrire adeguate garanzie, difficilmente riescono a ottenere un prestito da una banca. Il microcredito è una risposta positiva alle difficoltà di queste persone, che sono quindi messe in condizione di avviare piccole attività imprenditoriali, uscendo quindi dalla condizione di povertà ed emarginazione.
Nel microcredito l’attenzione è rivolta principalmente alla persona e non solo alle sue risorse finanziarie. I principi che ispirano il microcredito sono, quindi, diversi dalla logica del profitto, risultano prevalenti finalità di benessere e di giustizia sociale.
L’esperienza più nota di microcredito è la Grameen Bank.
Questa banca nasce dall’osservazione da parte di Muhammad Yunus della situazione economica tipica dei villaggi del Bangladesh, dove il fenomeno dell’usura impediva lo sviluppo economico e sociale del paese. L’idea di Muhammad Yunus è di erogare modeste somme di denaro a famiglie in difficoltà (in particolare, destinatarie dei prestiti sono le donne). Nonostante le innumerevoli difficoltà di ordine economico, sociale e politico che ha dovuto affrontare, la Grameen Bank ha dimostrato che un diverso modo di “fare banca” è possibile: interi villaggi sono usciti dalla condizione di povertà ed emarginazione in cui si trovavano e il tasso di rimborso dei prestiti concessi è risultato essere prossimo al 100%. La Grameen Bank, in sostanza, dimostra che il microcredito ha la capacità di migliorare le condizioni di vita di persone in difficoltà.
In Italia, vale la pena di ricordare l’esperienza di Banca Etica, che considera il risparmio come un bene individuale che può contribuire alla realizzazione del bene comune della collettività, come peraltro è richiamato nel documento “Gaudium et Spes” (n. 78). In questa prospettiva, il risparmio assume una rilevanza non solo per la singola persona, ma anche per la collettività, in quanto le risorse che Banca Etica ottiene dai risparmiatori sono investite in realtà che operano per il bene comune, stimolando comportamenti responsabili.
La domanda da cui siamo partiti, ossia che cosa dobbiamo/possiamo fare, può avere, quindi, una risposta positiva: un buon punto di partenza può essere chiedere alla nostra banca in quali progetti investe i nostri risparmi. Quale esempio magari semplice e banale, possiamo esplicitare che non desideriamo contribuire a finanziare iniziative imprenditoriali di chi produce armi, o delocalizza le proprie attività in contesti lontani in cui non è tenuto a rispettare legislazioni di tutela del lavoro e dell’ambiente.