Meditiamo sulla Parola – Santa Famiglia anno C

Lc 2,41-52 (Santa famiglia)

Il bar mitzwah (letteralmente: figlio del comandamento) segna il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Si tratta di un rito importante non solo per il ragazzo (bar mitzwah) o la ragazza (bat mitzwah) coinvolti, ma per l’intera comunità e prevede una preparazione lunga, che inizia diversi anni prima, durante la quale il ragazzo o la ragazza studiano l’ebraico e l’ebraismo. Con il bar (bat) mitzwah, i ragazzi e le ragazze sono ritenute moralmente responsabili delle proprie azioni, possono guidare le liturgie e leggere la Torah.

Il rito prevede che il ragazzo (la ragazza) legga il brano della Torah assegnato e poi presenti un commento su di esso (D’var Torah, familiarmente conosciuto come drash, diminutivo di midrash). Probabilmente, il ragazzo già allora (come accade oggi) era invitato a leggere in ebraico un brano delle sante Scritture, e poi doveva rispondere alle domande poste dagli esperti della Legge, riguardanti la volontà del Signore inscritta nella Torah, Il ragazzo (la ragazza) doveva cioè dar prova della preparazione ricevuta.

Si può ritenere che la pagina evangelica di questa domenica racconti il bar mitzwah di Gesù. Avendo compiuto dodici anni, Maria e Giuseppe conducono Gesù al tempio, dove il bar mitzwah si svolgeva. Poi Maria e Giuseppe, assieme al gruppo, ripartono per tornare in Galilea. Si accorgono che Gesù non è partito con loro dopo un giorno di viaggio e tornano indietro per cercarlo. Possiamo immaginare la preoccupazione di Maria e Giuseppe, che cercano invano Gesù; alla fine dopo tre giorni (il tempo dell’attesa, secondo la tradizione ebraica; cfr. Os. 6,2), lo ritrovano al tempio, dove Gesù continuava ad ascoltare e interrogare gli esperti della Legge. Gesù, quindi, non si era mosso dal Tempio, era rimasto lì, alla presenza del Signore. Il verbo cercare guida questo prima parte del brano evangelico, stimolandoci a chiederci: “Dov’è Gesù? Dove lo cerco?”.

Quando Maria e Giuseppe trovano Gesù, Giuseppe non parla, mentre Maria lo rimprovera («Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo»). Come spesso accade, Gesù risponde ponendo un nuovo interrogativo: «Perché mi cercavate?».

La risposta di Gesù lascia Maria e Giuseppe senza parole, e li spinge a interrogarsi sul loro figlio, nato per volontà di Dio. Luca significativamente annota che Maria custodiva questi eventi dentro di sé, quasi a sottolineare il cammino di fede che ha compiuto. Eventi come quello narrato nella pagina odierna possono non essere compresi quando si verificano, ma possono, nel tempo, essere interpretati e quindi intesi e assimilati con gli occhi della fede. Il verbo custodire diventa, pertanto, importante anche per la nostra vita e il nostro cammino di fede.

La seconda parte della risposta di Gesù («Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?») sembra evidenziare un contrasto tra l’obbedienza ai genitori e la necessità di stare presso Dio. È significativo che le prime parole pronunciate da Gesù nel vangelo di Luca siano un riconoscimento esplicito che egli è figlio di Dio, una confessione che Dio è suo padre. È altrettanto significativo che le ultime parole pronunciate da Gesù sulla croce (Lc 23,46) siano ancora un’invocazione rivolta a Dio Padre.

Anche se, dopo questo episodio, Gesù stava sottomesso ai genitori, crescendo in sapienza e grazia, si configura un concetto importante, su cui dovremmo meditare: i legami familiari, per quanto occupino un posto di primo piano, non possono oscurare o far passare in secondo piano la necessità di stare presso Dio. La festa odierna della Santa Famiglia non può, quindi, essere celebrata seguendo lo stereotipo della famiglia perfetta, priva di contrasti o di episodi controversi, spesso di difficile comprensione. Il brano di oggi ci stimola a uscire da questa logica per aprirci alla logica del vangelo. Lo stesso Gesù lo sottolinea (Mt 10,37: «Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me»; si veda anche Lc 14,26).

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