Meditiamo sulla Parola – IV domenica tempo ordinario (anno C)
Ml 3, 1-4; Sal 23; Eb. 2,14-18; Lc 2, 22-40
Questa domenica si celebra la popolare Festività della Candelora, densa di significati e di elementi di riflessione spirituale che vanno ben oltre il rito benedicente, cui comunemente si associa la giornata del 2 Febbraio.
Il richiamo alla luce delle candele affonda le sue radici nelle festività pagane dei Lupercali e poi delle Lucernare, contraddistinte da processioni di fiaccole e ceri, gradualmente abbandonate tra il V e il VII secolo d.C., per dare spazio a segni che si richiamassero esclusivamente alla liturgia ed alla fede cristiana.
In realtà, la celebrazione del 2 Febbraio promana dalla tradizione ebraica, in quanto, in questo giorno, si commemora l’entrata di Maria al Tempio, 40 giorni dopo il parto, come prescritto dal Libro del Levitico ad ogni donna che avesse partorito un figlio maschio. Il rito è rispettato anche dalla Vergine Maria che, nonostante la sua particolare condizione di madre, si porta al Tempio e, come ogni appartenente ad umile famiglia, offre in sacrificio al Signore due colombe. Di qui, la commemorazione della giornata come Purificazione di Maria.
Il Libro dell’Esodo, tuttavia, ci consegna un altro e più potente accadimento: secondo la Legge, i primogeniti maschi ebrei dovevano essere presentati al Tempio e consacrati al Signore, in memoria del beneficio fatto al suo popolo, quando tutti i figli d’Israele furono salvati. Gesù, in ossequio alla Torah, viene condotto al Tempio da Maria e Giuseppe. La portata straordinaria dell’Evento, narrato da Luca nella pagina Evangelica di questa domenica, ha, dunque, finito con il racchiudere in sé ogni altro significato della Festività, ricordata come Presentazione di Gesù al Tempio, richiamando, così, l’attenzione sul messaggio salvifico che l’anziano Simeone e la profetessa Anna testimoniano e diffondono.
Recandosi al tempio, il Signore INCONTRA il suo popolo e la Promessa di Dio si compie!
La festa, infatti, è nota in Oriente come Hupapante, ovvero dell’Incontro, proprio di chi si muove verso un luogo per incontrare l’altro.
Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, riconosce in quell’incontro la presenza di “quella luce” tanto attesa, “luce per illuminare le genti”, e, ispirato dal Profeta Isaia (“I miei occhi hanno visto la tua salvezza”), pronuncia le parole riportate da Luca e conosciute come “Cantico di Simeone”, quelle stesse che animano la compieta, la preghiera serale.
Dopo Simeone, anche Anna, vedova ottantaquattrenne, si avvicina al Bambino e loda Dio, ricordando quanti aspettavano la redenzione, ovvero il riscatto di Gerusalemme, mentre Maria e Giuseppe reagiscono alla scena con autentico stupore, poiché quello che odono travalica le loro possibilità di comprensione.
La Rivelazione è, infatti, affidata ai due anziani e la pagina di Luca, unico evangelista a narrare dell’ingresso di Gesù al Tempio, segna lo spartiacque tra due epoche: finisce il tempo dell’attesa e inizia la nuova, quella dell’incontro definitivo dell’umanità con Dio.
Da questo momento, una nuova luce rischiara le tenebre del popolo di Dio. Dal IV secolo, dunque, la Chiesa ha attribuito il nome di Candelora alla Festività, incentrando sulla “Luce delle Genti” l’attenzione dei fedeli, quella luce che Gesù diffonde per il suo popolo, mantenendo fede alla promessa. La parola greca è Apokalupsis, ossia dischiudere, rivelare una verità, termine che suggerisce l’immagine di spostare un velo, il velo che nasconde la luce.
Luca, nella sua pagina evangelica, ci consegna una certezza: Dio mantiene la sua Parola e da compimento alla promessa. Spetta a noi, popolo in cammino, fare tesoro del “dono” che Maria e Giuseppe recano al Tempio, essere presenti e vigili all’INCONTRO con Cristo, facendo proprie le parole di Simeone, un uomo che, grazie alla sua fede, riconosce e “testimonia” la vicinanza di Dio al suo popolo.
Non a caso, il 2 Febbraio è anche la giornata dedicata alla Vita consacrata, voluta da Papa Giovanni Paolo II: la Chiesa sostiene con la preghiera la vita di coloro che dedicano la loro vita a Dio e ai fratelli, nel modello del Figlio Unigenito, Cristo sacerdote e consacrato per eccellenza, ma anche di Simeone e Anna.
L’iconografia classica, per questa festività, ci consegna l’immagine di una candela, che ci illumina e ci guida, conducendoci fuori dalle tenebre del dubbio e dell’incertezza che accompagna la nostra fede, spesso vacillante nell’attesa.
Tuttavia, essere illuminati dalla Luce di Dio non basta per dare compiutezza alla Sua promessa: il nostro compito è quello di attingere a quella Luce per diffonderla e far si che altri possano scorgerla, attraverso di noi, umile strumento di Dio.