Meditiamo sulla Parola – Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore anno C

Che cosa è l’uomo, perché te ne curi? (Salmo 8)

L’uomo è un desiderio di vita, di amore, di felicità.

Ogni vita è difficile e conosce “notti oscure” e certamente Dio capisce la nostra fatica e la nostra stanchezza.

Vivere è amare la vita e desiderare che sia piena, buona, bella per sé, per le persone care, per tutti.

Vivere è intendere i giorni come una occasione per mettere a frutto i talenti ricevuti.

Vivere è accettare le sfide della vita e attraversare con coraggio i momenti difficili.

Vivere è resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte e credere che ci sia sempre una speranza di riscatto.

Vivere è sforzarsi a trovare una via d’uscita anche dalla valle più oscura.

Vivere è non sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche e nonostante tutto continuare a sfidare, a contrastare, a ridere delle offese.

Difatti ciò che ferisce in profondità l’essere umano rivela quel che è realmente necessario per la nostra esistenza.

Vivere è anche debolezza, è sentire le forze esaurirsi, soffrire il declino e continuare a sperare, a tentare una via per riuscire a custodire la nostra umanità.

Chi ha fiducia e spera sa che l’ultima parola su noi e il mondo non è stata ancora pronunciata.

Ed è una buona ragione per continuare a vivere.

Chi aiuta gli altri a vivere è in comunione con Dio, chi mortifica la propria vita e quella degli altri, non lo è.

L’uomo è un desiderio di amore e desidera essere amato.

In tutti i tempi l’amore deve vincere il sospetto e correre il rischio che possa essere solo una concessione temporanea, un’accondiscendenza, una passione tempestosa e precaria.

Amare, infatti, significa essere vulnerabili e dipendere dalla carità o dalla crudeltà di colui che si ama.

Amare è provare delusioni e confidare che ci possa essere una via per un sentimento più alto, più forte, più nobile.

Amare è percorrere le vie della dedizione.

Amare è affidarsi e arrendersi senza ostinarsi per ottenere.

Amare è godere il bello della vita senza troppi pensieri e senza troppe inquietudini.

L’uomo è un desiderio di gioia.

Essere contento è desiderare che lo siano anche gli altri.

Si è felici degli amici di una vita, di un agire che dà soddisfazione senza mortificare il prossimo, piuttosto prediligendolo con il servizio e la cura.

“È detto felice chi dà la felicità” (Isidoro di Siviglia)

Si è lieti delle cose buone e di una buona compagnia.

Si è gratificati dalle cose minime che fanno sorridere, dal gesto simpatico, da una tavola conviviale.

Certo, vi è la possibilità che la gioia possa essere termporanea per l’insinuarsi di una minaccia oscura che ricopre di grigiore le cose che rendono contenti.

Non si può conoscere l’emozione del mattino senza aver saputo attraversare la paura della notte.

Così, una gioia provata diventa anche rendimento di grazie nelle avversità.

A. Malraux, poco prima della morte, dice: “Attendo il profeta che osa gridare al mondo: non c’è il nulla!”. Ecco, ciascuno di noi deve gridare: “Non c’è il nulla perché Cristo è risorto!”.

In questo “grido/preghiera” autentica che può trasformare il mondo, il Creatore vi ha racchiuso la sua più alta ricchezza e in Gesù il suo compimento.

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