Meditiamo sulla Parola – XXV Domenica tempo ordinario anno C

Lc 16,1-13

La pagina evangelica odierna ci presenta una parabola non di semplice comprensione e interpretazione.

In effetti, se interpretiamo la parabola seguendo una pura logica razionale, siamo portati a esprimere un immediato e netto giudizio negativo nei confronti dell’amministratore disonesto. Tuttavia, Luca ci dice che quell’amministratore è stato lodato per la sua scaltrezza. Le parole di Gesù sembrano paradossali e, quindi, facciamo fatica a scorgere la “buona notizia” che Gesù ci vuole trasmettere.

È, innanzi tutto, opportuno contestualizzare questa pagina; siamo al capitolo 16. Gesù è alla mensa di uno dei capi dei farisei (Lc 14,1), e gli si avvicinano pubblicani e peccatori per ascoltarlo (Lc 15,1). Gesù si rivolge loro con tre parabole (la pecora smarrita, la moneta perduta, il padre misericordioso). La parabola della pagina odierna sembra quasi voler approfondire il tema conduttore della parabola del padre misericordioso, ossia il dono gratuito e abbondante di misericordia. E Luca sottolinea che ora (Lc 16,1) il discorso è rivolto ai discepoli.

Il tema è il rapporto del discepolo con i beni e la ricchezza, un tema difficile per la comunità di Luca e per noi oggi. Negli Atti (At 3,44-45), Luca racconta che tutti i componenti della comunità mettevano le cose in comune e chi aveva delle proprietà le vendeva per poter dividere il ricavato con chi viveva situazioni di difficoltà. Tuttavia, Luca ci presenta due logiche contrapposte (At 4,32-5-11), una positiva (Barnaba) e l’altra negativa (Anania e Saffira), come accade nella pagina odierna che sembra contrapporre “i figli di questo mondo” ai “figli della luce”,

Perché, allora, l’amministratore disonesto è lodato? Sembra che si voglia elogiare la logica dei figli di questo mondo, rispetto a quella dei figli della luce. Andando più in profondità, tuttavia, si comprende che l’amministratore disonesto non ha trattenuto per sé la ricchezza ingiusta, ma l’ha donata a chi non aveva nulla, facendosi degli amici. L’amministratore disonesto, che in precedenza dissipava i beni del padrone, in questo caso li ha condivisi con chi è più povero, con i debitori del padrone. “Ecco dove sta la buona notizia, il vangelo: ciò che è urgente, l’azione buona, è distribuire il denaro di ingiustizia ai poveri, non conservarlo gelosamente per sé” (E. Bianchi).

L’amministratore è, quindi, lodato non per la sua disonestà, bensì per la sua capacità di leggere con intelligenza la situazione. L’ingiustizia resta, ed è condannata; l’unica via di giustizia percorribile è il donare la ricchezza, condividendola con i poveri e i bisognosi che poi ci apriranno, da amici, le porte della dimora eterna. Il denaro in quanto tale è, e resta, “mammona”, termine che deriva da ’aman, che significa credere. La frase conclusiva della pagina evangelica sottolinea che non si può “credere” in due padroni. Il discepolo è posto dinanzi a una scelta: o amare e servire l’uno o amare e servire l’altro.

Si potrebbe affermare, allora, che i beni che il discepolo è chiamato a gestire con scaltrezza non sono rappresentati dal denaro, bensì dalla misericordia di Dio, che lo stesso Gesù “sperpera” a beneficio dei peccatori. Gesù, infatti, condona tutto il nostro debito (Mt 18,23-35) elargendo a piene mani, in modo gratuito e abbondante, la ricchezza della misericordia di Dio per tutti.

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